Prima di fare "copia" e "incolla"

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Scrivere i contenuti di queste pagine è un lavoro molto impegnativo: c'è uno sforzo di memoria, di attenzione nello scrivere il dialetto in maniera precisa e un sacrificio di tempo. Tutto questo lo facciamo per non mandare perse tutte quelle "cusarelle" della nostra terra. Grazie per la collaborazione.

sabato 7 aprile 2012

La processione del Venerdì Santo

Venerdì Santo è il momento più triste della Settimana Santa in cui si ricorda la morte di Gesù. Nei tempi passati la giornata veniva vissuta in maniera molto più raccolta rispetto a quanto accade adesso. Era usanza, se così si può dire, tenere tutti i giorni, sopra il televisore, delle tendine o delle copertine fatte all’uncinetto. Il Venerdì Santo queste tendine si tenevano chiuse a coprire lo schermo che, seppure fosse stato acceso, in questo giorno di commemorazione non trasmetteva nulla. Era una giornata di lutto a tutti gli effetti. Addirittura neppure le radio mandavano in onda le canzoni di musica leggera o popolare: veniva passata solo musica classica. Per la gioia/noia dei bambini!



La tendenza, ai giorni nostri, è un po’ cambiata: quel raccoglimento e tutto quel rigore non c’è più. Noi campobassani, però, abbiamo ereditato e conservato uno spazio di riflessione a cui non sappiamo rinunciare. E' la Processione, che viene vissuta dai fedeli e non dell'intera cittadinanza campobassana, perché riesce a conciliare un profondo significato per i credenti ed una suggestiva manifestazione per i non credenti.
Questa ha origini molto antiche: risale addirittura al 1626, anno in cui si svolse per sancire la definitiva pace fatta tra le due fazioni cittadine dei crociati e dei trinitari. La processione detta "Mortorio" si svolse tutti gli anni, ininterrottamente, fino all'inizio del secondo conflitto mondiale, durante il quale venne sospesa per poi riprendere a guerra finita. Nell'anno 1890 il maestro campobassano Michele De Nigris, intese arricchire il “Mortorio” mettendo in musica i versi di Pietro Metastasio, intitolando il canto come "Inno all'Addolorata":

"Teco vorrei, o Signore, oggi portar la croce.
Nella tua doglia atroce io ti vorrei seguire;
ma sono infermo e lasso. Donami tu coraggio
acciò nel mesto viaggio
non m’abbia da smarrire,
acciò nel mesto viaggio
non m’abbia da smarrire, da smarrir...
No, no non m'abbia, non m'abbia da smarir...
No, no non m'abbia, non m'abbia da smarir...
No, no non m'abbia da smarir..."

Questo venne eseguito per la prima volta nel 1912 nella chiesa Cattedrale da un'orchestra e da pochi cantori scelti. Per l'occasione il tenore esecutore arrivò direttamente da Napoli. L'inno era in tonalità di Sol minore, quindi adatto a poche voci scelte. Dopo il secondo conflitto mondiale, con la ripresa della processione, il maestro Lino Tabasso adattò la tonalità portandola in Re minore per renderla più accessibile al coro allora formato da un centinaio di persone. Alcuni maestri da allora si sono alternati alla guida del coro: il maestro Fornaro, Don Armando Di Fabio e l'attuale maestro Colasurdo.


L'inno scritto per poche voci formate, oggi conta circa settecento cantori, che, certamente per devozione partecipano alla processione.



Purtroppo non sempre quantità corrisponde a qualità: se fino a pochi anni fa era struggente ed emozionante ascoltare il coro che da lontano si avvicinava forte ed omogeneo nelle voci, da qualche anno il coro è stato diviso per fasce di tonalità che permettono ai coristi di cantare secondo le loro capacità vocali. Ciò non funziona per un corteo che si scioglie per le strade cittadine ma, purtroppo, permette di guadagnarsi qualche amico in più...



Se attualmente si vuol sentire bene l'esecuzione e provare l'emozione che l'autore voleva penetrasse gli animi degli ascoltatori, bisogna ascoltarlo in chiesa durante le prove, o in piazzetta Palombo dove orchestra e coro fanno la loro ultima prova prima dell'inizio della processione. In piazzetta Palombo, dove esattamente un secolo fa, in una di quelle case che si affacciano al suo interno, moriva il suo autore: il maestro Michele De Nigris.
La processione, però, non è solo il coro: ci sono le rappresentanze delle varie parrocchie della città con i loro rispettivi gonfaloni, l'arcivescovo, i sacerdoti, i frati, le suore, i malati, i vari gruppi scout, i fedeli e le autorità locali che seguono pregando e con rispetto e devozione le statue del Gesù morto e della Madonna Addolorata ai cui fianchi sono sistemate delle rose rosse e dal cui "carro" partono dei nastri neri sostenuti dalle donne del "Sodalizio dell'Addolorata" vestite di nero.
Con passo lento, il corteo funebre percorrere poco meno di 4 km, parte alle 18.00 dalla chiesa di Santa Maria della Croce sita nell'omonimo vico (traversa di Via Marconi), dove sono custodite le antiche meravigliose statue del Cristo morto e della Madonna Addolorata, e ad esso si aggrega il coro e la banda subito dopo aver effettuato l'ultima prova.



E così la processione scende via Marconi, risale via Sant'Antonio Abate entrando dalla porta delle vecchie mura della città, passa davanti la chiesa di San Leonardo, raggiunge porta San Paolo.


Dopo aver percorso la salita San Paolo arriva a Salita Santa Maria Maggiore: qui gli abitanti della zona allestiscono il loro vicolo, di spontanea volontà, con striscioni, frasi religiose ed immagini sacre ed attendono il passaggio della processione affacciati alle finestre.


Questo punto del percorso è il punto più alto del tragitto, un tratto spesso dimenticato e mai raccontato per la suggestione e le emozioni che permette di percepire. Da qui si riesce ad ascoltare il coro che canta anche quando è molto lontano: il cuore arriva alla gola perché è come se quel canto fosse il respiro della città.
Dunque il corteo riscende verso la chiesa di San Leonardo concludendo la prima parte del percorso nel centro storico dove le musicalità ed i colori del corteo arrivano davvero a toccare il cuore.



Continua il tragitto lungo via Ferrari, via Mazzini, per poi passare dinanzi alla stazione ferroviaria e soffermarsi per il picchetto d'onore dinanzi al carcere della città. In questo luogo è consuetudine, da parte di uno dei detenuti, leggere una lettera rivolta alla Madonna e a Nostro Signore, a cui segue una omelia ed un momento di preghiera da parte dell'arcivescovo.
Il corteo, quindi, riparte risalendo corso Bucci, percorrendo viale Elena e successivamente corso Vittorio Emanuele per arrivare prima dinanzi alla chiesa Cattedrale e poi di nuovo nella chiesa di Santa Maria della Croce in cui è permesso l'ingresso solo ai membri del coro e della banda che intonano per l'ultima volta il canto.


mercoledì 4 aprile 2012

Preparazione alla Pasqua: Via Crucis e Settenario (Zuchetazù)


Durante la Quaresima, nella chiesa di Santa Maria della Croce, si svolge la pia devozione della Via Crucis durante la quale, un coro di voci scelte, esegue, per ciascuna delle quattordici stazioni, un canto musicato dal nostro maestro Michele De Nigris e i cui versi sono di Pietro Metastasio.
I fedeli che ascoltano numerosi si immergono in momenti di riflessione, meditazione e contrizione legati alla via della croce percorsa da Gesù fino al Golgota dove venne innalzato sulla Croce.


Nella parte conclusiva del periodo di Quaresima, a partire dalla settimana che precede la Domenica delle Palme, si svolge il “Settenario a Maria Addolorata" arricchito parimenti da meravigliosi canti scritti e musicati sempre dal Metastasio e dal De Nigris, il cui titolo era origine "O di Gerico Beata". La tradizione ai campobassani è nota come "Zuchetazù".


Queste devozioni-tradizioni meriterebbero a gran titolo di essere conosciute molto più ampiamente al di fuori delle nostre mura cittadine, poiché non sono semplicemente sterili rappresentazioni sceniche strappalacrime, ma hanno insito il valore religioso, non folkloristico. Questa è la loro forza che fa si che sopravvivano al tempo e alle mode.


Bisogna ringraziare le persone che nel corso di questi lunghi anni si sono prodigate con sacrificio all'organizzazione e alla buona riuscita degli eventi. Ad andare un po’ indietro nel tempo un grazie di cuore lo dobbiamo al Rettore della chiesa di Santa Maria della Croce Rev. Don Antonio Morena, morto negli anni novanta e troppo facilmente dimenticato: dobbiamo a lui l'organizzazione materiale non solo di queste, ma di altre tradizioni religiose che si svolgono ancora nella suddetta chiesa. Il meraviglioso allestimento dell'altare della reposizione del Giovedì Santo (comunemente ed erroneamente chiamato sepolcro).
Fondamentale, inoltre, il contributo dei musicisti che negli anni hanno suonato violini, clarinetti, contrabbasso, flauto dolce, organo. Tra questi il maestro Izzo, Pasquale Ialenti, Vittorio Gravina, i Fratelli Luigi e Nicola Aurisano, Leo Quartieri, Gastone Di Soccio, e tanti altri che, sotto la direzione di Don Armando Di Fabio prima, e del maestro Colasurdo ora, hanno donato il loro talento alla città.


Altrettanto fondamentali alle esecuzioni musicali le voci di Nello Toti, dei fratelli Samuele e Andrea Valente, di Baldini, Carano, Presutti e D'Uva, solisti tenori e baritoni. Intorno a loro il coro formato dai membri della corale Trinitas integrato da gente comune ma altrettanto capace. Molti altri cittadini volontariamente offrono la propria opera affinché ogni anno si possa riproporre ogni rito.